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Storia della liuteria Reggiana

Oltre ai grandi liutai italiani indiscussi Maestri, penso che sia giusto anche ricordarne altri nati nella città o nella provincia di Reggio Emilia. Famosi o no, essi rappresentano comunque le radici umane e culturali a cui anch’io sento di appartenere. Si tratta di brevi biografie, brevi note certamente non esaustive, ma che vogliono testimoniare l’esistenza di una solida tradizione di liuteria reggiana. Incoraggiato da un onorevole passato mi auguro che vi possa essere un futuro possibile anche per noi giovani.

Mario Bedocchi 
(1880 – 1955)

E’ nato a Reggio Emilia nel 1880. Prima di cominciare a fare il liutaio, aveva iniziato a lavorare con il padre come falegname e costruttore di mobili.

Bedocchi era un autodidatta e viveva il perfezionamento del lavoro come principale obiettivo. Su 80 concorrenti, nel 1923 vinse un concorso di liuteria a Roma.

Il violino era per lui lo strumento per eccellenza. 

Alcuni dei suoi strumenti sono negli Stati Uniti d'America.

Egli attribuiva grande importanza alla vernice, variava continuamente i colori dal giallo oro al rosso; usava vernici ad alcool.

Era anche un buon restauratore. Mario Bedocchi ha costruito persino archetti, piroli, tastiere, cordiere e in buona parte tutti gli accessori per i suoi violini.

I legnami se li faceva arrivare dalla ex-Iugoslavia e dalla Germania e nel periodo bellico ebbe difficoltà a reperirli. A volte usava l'acero campestre nostrano (oppio). Durante la guerra fece anche un violino con un tagliere, perchè non riuscì a trovare altro materiale. A costruire un violino Bedocchi impiegava più di un mese e i guadagni erano scarsi. Nonostante ciò riuscì a fare studiare i due figli: il figlio come violinista e la figlia come maestra elementare.

Contemporaneamente ai violini e alle chitarre, Bedocchi ha costruito viole, violoncelli e contrabbassi.

E’morto all'età di 74 anni nel 1955.

Adrasto Bolondi 
(1906 – 1965)

Quella di Adrasto Bolondi è una storia singolare. Nato nel 1906 a Ciano d’Enza iniziò a costruire strumenti ad arco e chitarre intorno agli anni 1920-22. La liuteria era la sua massima aspirazione, ma dovette svolgere altre attività lavorative per mantenere la sua famiglia. Il disegno dello strumento era fatto da lui e la forma delle sue chitarre è estremamente personale. E’notevole il numero delle chitarre-lire finite. Adrasto si specializzò nella costruzione delle chitarre ma la sua aspirazione era arrivare a fare bene i violini. I violini sono realizzati sulla base di un disegno personale. In particolare il manico è piatto, il riccio è originale ed alcuni violini hanno la parte superiore della cassa modellata in modo simile a quella delle sue chitarre brevettate.

Era un autodidatta, senza titolo di studio particolare; a 16 anni era già in grado di cimentarsi con la liuteria. Quando Bolondi costruiva le sue singolari chitarre, non si poneva sicuramente alcun problema di rispetto del modello classico; nei violini, nonostante le licenze con le quali Bolondi amava cimentarsi, emergono di riflesso elementi di classicità.

Partecipò con buon esito a concorsi nazionali ed internazionali, nel 1930 fece anche una esposizione di suoi strumenti in città.

Adrasto Bolondi morì nel 1963 all' età di 57 anni.

Sesto Rocchi 
(1909 – 1991)

E’ nato a San Polo d' Enza il 4 ottobre 1909. “La mia famiglia ci teneva che un figlio si dedicasse ad uno strumento. È mio dovere ringraziarla, perché così incominciai ad amare la musica e a continuare la mia vita in quella direzione. Le lezioni erano serali, perché il maestro era disponibile per la scuola popolare dalle 20 fino alle 24. La scuola serale era un divertimento, un modo per ritrovarci, per scaricarci. Io portavo il violino sotto il braccio e debbo dire che non ero molto delicato con lui. Infatti una sera, nel fare la lotta con un amico, il violino cadde e si spezzò. Chi aveva il coraggio di raccontare a casa quanto era successo? I miei come i genitori dei miei compagni avevano dovuto sostenere una discreta spesa per permettermi di frequentare. Allora cercai di fare da me, pensando un po' presuntuosamente di poterlo aggiustare. Aprire il violino fu facile e rammento bene l'emozione provata, la curiosità di scoprire come fosse fatto dentro. Fu molto difficile rimetterlo a posto, ma mi pare che riuscii in qualche modo. Alla fine mi sembrava che il violino aggiustato fosse meglio di quello originale.”

Sesto Rocchi ha iniziato la sua formazione alla Scuola di Liuteria del Conservatorio di Parma, sotto la guida di Gaetano Sgarabotto. Dopo sei anni, si è trasferito a Milano per perfezionarsi con il maestro liutaio Leandro Bisiach, nel cui laboratorio ha potuto non solo costruire parecchi violini ma anche studiare la costruzione di violini antichi, il che gli sarebbe stato di grande utilità nella sua attività indipendente. “Bisiach sosteneva che il liutaio doveva essere esigente con se stesso, perché lo strumento dal punto di vista della tecnica costruttiva doveva essere perfetto. Quando il violinista suona uno strumento, non può trovare difetti che gli diano problemi. Il liutaio ha una responsabilità.

Le prove dello strumento finito erano un rito che continuava per più giorni. L'emissione di tutte le note doveva essere perfetta. È importante posizionare correttamente l'anima dello strumento; giornate intere trascorrono per trovare la posizione giusta.”  

I suoi violini gli hanno permesso di ricevere numerosissimi riconoscimenti internazionali. Nel 1980 è stato nominato curatore del violino di Paganini detto Cannone, opera del famoso liutaio Guarneri del Gesù.

Ha fabbricato almeno dieci quartetti completi, nonché numerosi strumenti singoli, spesso ispirati ai modelli antichi. “La bravura di un liutaio non si misura dalla quantità degli strumenti, ma dall'impegno costante di studio e di confronto. Questa professione è dedizione e sacrificio e non si può mai dire di avere imparato abbastanza.”

Sesto Rocchi muore a Reggio Emilia il 20 luglio 1991 all'età di 81 anni.

Raffaele Vaccari
(1908 – 1994)

Raffaele Vaccari è nato il 23 ottobre Lentigione, frazione di Brescello, dove è vissuto per tutta la vita. La sua famiglia aveva la musica nel sangue: il papà suonava il trombone, e mentre i fratelli suonavano la tromba, la fisarmonica e la batteria, lui suonava il violino, perché era troppo gracile per padroneggiare uno strumento a fiato. Il suo primo tentativo di costruire un violino fu del tutto autodidatta e dall’esito non certo eccellente, ma poi, vista la sua tenace costanza, il padre lo mise a bottega da Amedeo Simonazzi, liutaio di Novellara. Il sapere dell’artigiano, però, non gli bastava e perciò frequentò per 5 anni la Scuola di Liuteria di Parma, dove conseguì la licenza nel 1934. Ebbe come maestro Gaetano Sgarabotto. Da allora costruì violini in quantità sempre crescente, in relazione al diffondersi della sua fama sia in Italia, sia all’estero, fama raggiunta nonostante la sua ritrosia.

Così diceva Vaccari sull’essere liutaio e su se stesso: “Noi liutai siamo una categoria particolare. Siamo uniti anche se ci vediamo pochissimo, almeno nel mio caso. Ho lavorato e studiato con Sesto Rocchi e con diversi liutai di Parma, dove sono andato a scuola. Rocchi viene a trovarmi e mi porta le notizie dal mondo. Lui è uno che ha girato. Ha fatto bene, perché è diventato grande. È un tipo diverso da me. Io morirei lontano di qua. Al posto mio, girano i miei strumenti. Mando i violini nell' America del nord, in Olanda, in Svizzera, in nuova Zelanda. Attualmente ho almeno una ventina di ordinazioni; la gente mi scrive da tutto il mondo ed io dovrei campare almeno altri 30 anni. Per il liutaio la vista come la mano sono tutto. Gli occhi debbono andare al di là del lavoro e prevedere quello che succederà. Sa come ho consumato gli occhi? Ogni strumento esige dal liutaio un lavoro di grande perfezione. Non ho mai costruito dei quartetti e non amo molto fare i violoncelli. Non così è per il violino che è il mio strumento preferito. Amo il violino ed anche la viola. Ogni violino ha una sua personalità e chi è esperto riesce ad individuarla. Amo il mio lavoro e ad un giovane mi sento di consigliarlo, solo se lo ha dentro. Io lo interruppi per 10 anni, nel periodo della guerra, ma la passione ha ripreso in seguito il sopravvento.”

Alla fine furono gli occhi a tradirlo, impedendogli di continuare a costruire i suoi violini. Raffaele Vaccari è morto il 24 ottobre 1994. Dopo la morte i suoi originalissimi strumenti di lavoro, che aveva costruito quasi interamente con le proprie mani, sono stati donati alla comunità brescellese e ora arricchiscono una sezione del Museo di don Camillo e di Peppone.

Bibliografia

“In forma d'istrumento. Liutai reggiani”

testi e ricerca a cura di Gianfranco Boretti, Reggio Emilia, maggio 1985.

 

 

“Mario Bedocchi, maestro liutaio” di Lanfranco Spaggiari, Strenna 1982,

Pio Istituto Artigianelli, Reggio Emilia

 

 

“La mia vita con la liuteria” autobiografia di Sesto Rocchi, dal sito web Sesto Rocchi Open Chamber Music Festival.

 

 

“Per non dimenticare Raffaele Vaccari (Faiòl)” di Giovanni Santelli, ottobre 2008.

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